Filosofia medievale be like: Tempo infinito

Secondo appuntamento con le nostre brevi quaestiones di filosofia medievale. Oggi parliamo del tempo, come due matrone che spazzano fuori dalla loro capanna e non sanno cos'altro dirsi.
No, naturalmente intendo il tempo cronologico, uno dei concetti che stanno al cuore della filosofia medievale fin dai suoi inizi, e in particolare da Sant'Agostino che, nell'impossibilità di darne una definizione fisica, ce ne dà una psicologica su cui ancora poco abbiamo da obiettare. 
Ma oggi non parliamo di Agostino. Invece ci poniamo una delle domande preferite della lotta tra filosofi e teologi: il mondo è eterno? Secondo voi?


IL PRIMO CONTENDENTE
Iniziamo di nuovo con Tommaso d'Aquino, anche se per via indiretta. In fondo, se qui mi limitassi a riportare quanto trovate nei manuali di filosofia, non avrei contribuito in nulla a quella città di Cosmopoli di cui, scherzosamente, il blog fa parte. Partiamo invece da uno dei suoi lavori più famosi: la Summa Theologiae, la Somma di Teologia, nella cui prima parte sono esposte le Cinque Vie alla conoscenza di Dio, cioè quelle cinque dimostrazioni che sembrerebbero attestare, sola ratione, l'esistenza di Dio*. O, almeno, di qualcosa dotato di una serie di caratteristiche specifiche che noi chiamiamo "Dio" (una posizione molto saggia di Tommaso, dato che sa che con la ragione non può confermare l'esistenza di quel Dio, il Dio della rivelazione; ma solo di qualcosa che siamo abituati a identificare con lui). Ora, le premesse di queste prove sono ben radicate nella scienza medievale, e assumono alcuni assiomi desunti da Aristotele e da Proclo su cui noi moderni non siamo tanto sicuri, anzi proprio per niente. Comunque la più elegante, a mio parere, è la terza, che provo a spiegarvi in breve, parafrasando e chiarendo alcuni punti. Tommaso afferma che le cose possono essere necessarie o contingenti; se sono necessarie possono essere necessarie per sé o per qualcos'altro. Se sono contingenti, o necessarie per qualcos'altro, può darsi che ci siano o non ci siano; se sono necessarie per sé non possono non esserci. Ma se tutte le cose fossero contingenti o necessarie per qualcos'altro, allora a un certo punto dovrebbero non esserci state, cioè non dovrebbe esserci stato nulla; ma dato che dal nulla niente può nascere, allora è ovvio che qualcosa debba esserci stato sempre, cioè che qualcosa debba essere necessario per sé. E, conclude acutamente Tommaso, "quel qualcosa è ciò che noi chiamiamo Dio".


CONSEGUENZE
L'osservazione che sto per fare non l'ho trovata in nessuno dei commentatori che ho consultato (per quanto riguarda la Summa, questi si riducono solo ad alcuni libri e articoli di Ventimiglia e Porro). Pazienza. Suppongo comunque che sia già stata notata e sviscerata, dato che è così ovvia.
La cosa che mi sembra non si sottolinei abbastanza, quando si parla di questo argomento tommasiano, è che funziona solo ammettendo un tempo infinito. Solo in un tempo infinito, infatti, si può avanzare l'ipotesi incontrovertibile che, se tutto fosse contingente o necessario per qualcos'altro, a un certo punto nulla ci sarebbe stato (dato che ogni possibile combinazione di esistenza/non esistenza dovrebbe verificarsi); se invece il tempo fosse finito, allora ci sarebbe la possibilità che, pur nella contingenza assoluta, non sia apparsa la combinazione di stato in cui ogni cosa non sia esistita... e quindi non sarebbe necessario presupporre un ente necessario per se**. Badate: Tommaso non sa nulla della relatività del tempo, che è scoperta contemporanea; quindi non dovremmo inquinare i nostri ragionamenti su Tommaso con Einstein e i suoi allievi. 
Ecco allora che, mi pare, Tommaso per dimostrare l'esistenza di Dio tramite la terza via, deve ipotizzare l'eternità del tempo; una volta ipotizzata, dimostra Dio e, se putacaso questo Dio è anche il Dio della rivelazione, allora crea il mondo, negandone però l'eternità. 
Tommaso, tra l'altro, non è dogmaticamente contrario all'eternità del mondo. Flirta con quest'idea proprio nell'opuscolo Sull'eternità del mondo, in cui afferma:
[...] nessuna causa che produce istantaneamente il proprio effetto precede necessariamente il proprio effetto nel tempo; ma Dio è una causa che produce istantaneamente il proprio effetto [la creazione], e non per mezzo di un movimento; dunque non è necessario che preceda il proprio effetto nel tempo.
Naturalmente Tommaso non sostiene che il mondo sia eterno (proposizione certo eretica che sarebbe stata condannata, solo tre anni dopo la sua morte, dal Vescovo di Parigi Etiènne Tempier); ma ci tiene ad ammetterne la possibilità. 

ANCORA CONSEGUENZE
Mi sembra dunque che, se la creazione è avvenuta nel tempo (cioè non è eterna), il tempo in sé lo sia***: se tempo è uno dei modi con cui Dio esperisce se stesso e poi se stesso nel mondo, allora mi sembra che molte tesi di molti filosofi medievali sottendano questa distinzione, inconcepibile nel pensiero scientifico moderno. Ma, ancora una volta, non così Agostino, che elude il problema dicendo che il tempo è una creatura tanto quanto noi e tutto il resto, e non è esistito prima della creazione.

VERDETTO
Fin qui, abbiamo discusso della possibilità dell'eternità del mondo, e quindi dell'infinità del mondo nel tempo. Ma c'è un argomento che, sul piano puramente logico-astratto com'è quello su cui ci stiamo muovendo, ha in sé un'eleganza e una necessità che superano perfino la terza Via di Tommaso.
Il filosofo ebreo Saadia Ben Yosef, di molto antecedente a Tommaso, avanza quattro argomenti a favore di una creazione non cronologicamente eterna: il quarto dice più o meno che è impossibile che il tempo sia infinito, perché se fosse infinito il presente non sarebbe mai arrivato, dato che prima sarebbero dovuti passare gli infiniti anni del passato (si può applicare questo ragionamento prendendo un punto qualsiasi del tempo, dato che, in quel caso, la linea del tempo sarebbe infinita verso l'origine). Il paradosso ricorda quelli di Zenone e si presta alle stesse confutazioni matematiche, ma è senz'altro bellissimo.
Quindi mi spiace Tommaso, mi spiace Aristotele e mi spiace, maestri delle arti che simpatizzavate con l'eternità del mondo e/o del tempo: Saadia ben Yosef l'ha già confutata, e usando proprio quella ragione che, secondo voi (mi viene in mente Boezio di Dacia) non può negarla. 



_____
*Avevamo già visto nello scorso articolo che, nel Commento al De Trinitate di Boezio e nelle Quaestiones disputatae de veritate, Tommaso sostiene che filosoficamente possiamo conoscere solo l'esistenza di Dio, non la sua essenza (anche se altrove pare credere altro).
**Borges, per spiegare l'Eterno Ritorno di Nietzsche, afferma che, dato un tempo infinito e una materia finita, prima o poi tutte le combinazioni si ripresenteranno: ma Borges già sa che la materia non può essere distrutta, e quindi non si preoccupa di dividerla in necessaria o contingente.
*** Naturalmente questo apre tutto un altro ordine di problemi. Gli scolastici, come i filosofi greci, diffidavano del concetto di infinito, che è una variante dell'eternità. Le cinque vie di Tommaso si basano proprio su un assioma di rifiuto dell'infinito.

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