Riflessioni sull'Assemblea degli animali di Filelfo

Non molto tempo fa è uscito in libreria L'assemblea degli animali - Una favola selvaggia, di un autore che si firma col nom de plume di Filelfo. Prima parzialmente a puntate su Robinson, poi completo e impacchettato nella forma di romanzo per Einaudi. Lo si legge in un pomeriggio se piace, e in due se non piace. Non è un brutto libro. Tuttavia non è neanche, io penso, quel capolavoro della letteratura italiana che sembrava quando uscì.


La storia è semplice. Sub forma fabulae, Filelfo racconta di una grande assemblea a cui partecipano tutti gli animali (tranne l'uomo), per discutere di quanti mali l'uomo abbia causato a questo mondo. C'è chi dice che gli animali dovrebbero ribellarsi e ucciderci tutti (ci riuscirebbero, con un po' di coordinazione); ma prevale la tesi di mandarci un avvertimento prima della soluzione finale. L'avvertimento è il COVID-19

L'idea, messa così, rischia di suonare irrispettosa, ma è solo una metafora di ciò che davvero è successo. La mascheratura da fiaba è un tentativo legittimo di raccontare la lotta che l'uomo ha instaurato con la natura. I problemi non sono qui: i problemi iniziano con la scrittura di Filelfo, che vomita citazioni su citazioni sulla pagina bianca, distraendo continuamente dalla storia e invitando a concentrarsi sull'erudizione e solo sull'erudizione dell'autore.

L'assemblea degli animali si configura fin dalle primissime pagine come un gioco estenuante di riferimenti e citazioni, che ricordano sì l'intertestualità dei romanzi di Umberto Eco e di altri postmoderni: solo che in Eco le citazioni erano diluite in centinaia di pagine, e spesso facevano capo a testi oscuri, a dettagli che passavano inosservati, e non rovinavano l'esperienza di lettura; anzi, la arricchivano, spingevano il lettore alla ricerca, all'immaginazione, alla collaborazione. Il Filelfo invece ne concentra a mucchi, riconoscibilissimi da chiunque abbia un'istruzione media, in poche righe, col lettore che sperimenta un effetto di straniamento dalla storia nient'affatto piacevole. Io credo che lo scrittore debba essere come Dio: absconditus, essere dappertutto senza mai essere visto (si ricorderà la distinzione primaria tra scrittore e narratore: il secondo lo possiamo anche palpare, nella lettura, certo; non il primo). Tutto questo è tanto più strano perché, quando non cita, Filelfo scrive con una prosa bellissima, che non ha nulla da invidiare ai grandi narratori del nostro Paese. Il problema è quando incontriamo il quindicesimo istrice, mettiamo, che conosce a memoria i filosofi francesi novecenteschi*. Dovrebbe essere la parodia di uno scrittore colto e pieno di sé? Le citazioni servono a dimostrare qualcosa? Sono una parentesi ironica, o un modo per veicolare più efficacemente chissà quali messaggi? O, ancora, sono solo un vezzo stilistico che soffoca tutto il resto? Perché di certo non sono, come pretende Filelfo, testimonianze del fatto che l'uomo è un tutt'uno con la natura: se anche questo fosse stato l'intento originale, la loro sovrabbondanza e la loro arbitrarietà (solo alcune riguardano il mondo naturale) hanno ottenuto l'effetto del tutto contrario, di mettere in rilievo la differenza tra "cultura" e "natura". 
Gli splendidi disegni di Riccardo Mannelli

Certo L'assemblea è un apologo animale (qualcuno dirà: fuori tempo massimo; ma Filelfo è scrittore troppo erudito per non saperlo e non giocarci, per non adottarlo a bella posta come provocazione e prova di coraggio), quindi la natura viene antropomorfizzata. Certo, considera sua semenza, è così che funzionano gli apologhi animali; e, certo, siamo quasi tutti d'accordo con la morale che suggerisce Filelfo, e cioè che dobbiamo smetterla di fare gli str*nzi con Madre Natura**. Tuttavia, e tutto ciò premesso, l'effetto finale di questo libro è sia paternalistico che retorico: decisamente troppo, tra fiaba sul COVID e continue citazioni, per i miei gusti.

Concludo dicendo di Filelfo ciò che Pietro Bembo disse, sbagliandosi, di Dante (e infatti ho la sensazione di sbagliarmi anch'io): che, con qualche accorgimento in più, "sarebbe egli di molto maggior loda e grido, che egli non è; come che egli nondimeno sia di molto".
Leggerò volentieri qualunque altra cosa decida di scrivere. Sperando inizi ad amare la scrittura più di quanto ami mostrarsi uno scrittore.



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*Naturalmente è un'esagerazione, ma non così distante dalla realtà. In un singolo capitolo c'è un gatto che salta con noncuranza da Pascal a Freud e, due capitoli dopo, a Sun Tzu.
**Il messaggio ecologista di Filelfo non è affatto originale, né rivoluzionario, come lo ha presentato la pubblicità. Tanto che ormai ognuno ha le sue proprie solide convinzioni sull'argomento. Ho paura che Filelfo riesca a parlare solo ai convertiti, e questo è un altro problema dell'Assemblea.

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