Hunters e la morale del taglione
Hunters, la serie di David Weil con Al Pacino, è disponibile su Prime Video da alcune settimane. Ve la consiglio. È una serie divertente, molto pop, con, a tratti, momenti metanarrativi che neppure vanno a discapito dell'immedesimazione di chi guarda. Parla di ebrei che, negli anni '70, danno la caccia ai nazisti fuggiti in America. E li trovano, eccome.
Cosa volere di più?
No, seriamente?
Cosa volere di più?
No, seriamente?
In questo articolo non parliamo della qualità artistica della serie - che, a mio parere, rimane molto alta, fin quasi alla fine -; ma di alcuni interessanti quesiti morali e paramorali che pone allo spettatore.
HO PAURA DELL'UOMO CHE LEGGE UN SOLO LIBRO
Il telefilm offre allo spettatore, anche visivamente, una serie regolata di opposizioni. La prima, tra ebrei e nazisti, è messa bene in rilievo dall'uso che essi fanno dell'oggetto-libro. Da una parte abbiamo i nazisti, per l'appunto, che leggono ossessivamente, ancora e ancora, un solo libro. Un modo certo per riconoscerli, in effetti, è di cercare questo libriccino rosso nascosto nelle loro case. Vediamo Travis Leich, il giovane e inquietante accolito nazista, leggerlo a ogni occasione, mentre è in macchina, mentre aspetta, sempre. Il libro della serie è un'ombra del Mein Kampf (anche se alla prova dei fatti si rivela una raccolta di fiabe tedesche abbastanza infantili... com'è infantile, a pensarci, tutta l'ideologia di purezza dei nazisti).
Dall'altra parte abbiamo la fazione degli ebrei, con la sterminata e invitante biblioteca di Meyer Offerman, dove si consumano le sue partite a scacchi, dove si nasconde il passaggio segreto per la sua Bat-caverna; e col suo archivio segreto, detto l'Arca, bruciato proprio dai nazisti, che una cosa amano fare, e Dio se la fanno.
Se quindi il pensiero dei nazisti è a senso unico, come tristemente è a senso unico quello di tutti gli estremisti che passano la vita a riflettere su un solo libro, anche se Libro; quello degli ebrei, ci sembra suggerire la ricchezza della biblioteca, è articolato, e, se gli studi psicologici sul romanzo sono accurati, anche più portato all'empatia verso il prossimo.
A questo semplice manicheismo si aggiunge, come terzo polo, Jonah, il protagonista della serie, e la sua passione per i fumetti di supereroi. Lavora addirittura in una fumetteria, come a dire in una libreria. Ma, attenzione! se il suo mondo si avvicina molto di più a quello bibliotecario di Offerman che a quello monobiblico dei nazisti, è anche vero che non vi si sovrappone mai del tutto.
DUE TIPI DI GIUSTIZIA
Per tutta la serie vediamo infatti Offerman che, attraverso la sua erudizione smaliziata, attraverso la durezza della sua propria esperienza, cerca con tutte le forze di distogliere Jonah dalla morale "ingenua" che ha sviluppato, a detta dello stesso Offerman, leggendo troppi fumetti. Molte volte ho parlato del contributo del fumetto supereroistico alla questione della morale (questo articolo varrà come esempio su tutti), ed è quindi inutile ridiscuterlo adesso: sì, i fumetti di supereroi sono caratterizzati da una forte morale che, si spera, pian piano passa anche ai loro lettori, o che perlomeno fornisce loro un modello perseguibile.
"I supereroi sono fatti d'inchiostro, sono bugie: il vero eroe non è colui che fa la cosa giusta, ma colui che fa ciò che è necessario". Questa è la filosofia di Offerman: e, per lui, ciò che è necessario è uccidere, persino torturare di propria mano i nazisti. In altre parole la vendetta, il contrappasso, la Legge del Taglione, sarebbe l'unica forma di giustizia adatta all'Olocausto. Non sto dicendo che non sia così: l'argomento è troppo complesso e troppo emotivamente gravido perché lo si possa discutere in questa sede. Sto solo sostenendo, e credo che chiunque sia d'accordo con me, che lo sforzo di Offerman è teso a zittire determinate convinzioni di cui Jonah è portatore, la morale "del supereroe", che pone dei limiti, attenzione, non per proteggere l'umanità dei nazisti, ma quella dei giustizieri. Offerman si pone in questo caso, anche sullo schermo, in contrapposizione a Simon Wiesenthal, storico e instancabile cacciatore di nazisti che, però, sostiene la necessità di consegnare i rei alla giustizia dello Stato, non di trasformarli in agnelli sacrificali sull'altare della Memoria.
Chi ha ragione? Chi ha torto? La morale di Hunters è volutamente ambigua, i confini vengono spezzati; noi spettatori non sappiamo per chi parteggiare. Io non ho una risposta. Vorrei parteggiare per Jonah, ma di fronte all'immensità dell'Olocausto chi dice non abbia ragione Offerman? Ed è una questione che dovremmo porci tutti, anche se non siamo ebrei, anche se non ne sentiamo il dovere/diritto. Infatti, come ebbe a dire quello straordinario poeta che era John Donne, la morte di ogni uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. Perciò non chiederti per chi suona la campana: suona sempre per te.
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