Case editrici VS Me



Ho finito di scrivere La Sfida del Cavaliere Verde tre anni fa. Le Case Editrici a cui l'ho sottoposto mi hanno risposto - quelle che lo hanno fatto - che la mia scrittura era sì buona, ma che non riuscivano a immaginarsi che razza di pubblico potesse acquistarlo. Lo stesso per due agenzie editoriali. Al fallimento si aggiunga un piccolo aneddoto, uno tra i tanti: la prima C.E. che ha accettato di pubblicarmi, dopo un ritardo di parecchi mesi rispetto alla data sul contratto, mi ha chiesto in tono molto ragionevole di eliminare più della metà del testo. Quando, incredulo, ho chiesto quale metà avrei dovuto eliminare, mi hanno detto che non lo sapevano, perché non avevano intenzione di leggerlo finché non l'avessi ridotto di una metà qualunque. Era, mi dissero, semplicemente troppo lungo per essere venduto (si trattava di 350 pagine A4, non certo un Proust!). 



Non pensate male di me. A editarlo, cioè a correggerlo, a renderlo più competitivo, ero pronto a editarlo, e guai se non l'avessi fatto; ma, bontà mia, mi aspettavo che qualche editor (che è quella figura professionale che, di mestiere, edita i libri prima di pubblicarli) con esperienza mi assistesse. Quando ho capito che nessuno lì era pagato abbastanza per farlo, ho proceduto a rescindere il contratto. Ancora, mi aspettavo che qualcosa di valido fosse valido di per sé, non solo in relazione alla sua commerciabilità; pur con una scrittura, a sentir loro, molto buona, è possibile che l'unico criterio da seguire sia la possibilità di vendere all'ingrosso?
Forse questa è una procedura normale. Non lo so. Se queste erano le premesse, comunque, tanto valeva che pensassi da solo a pubblicarmelo, a cercarmi un editor e un copertinista. L'alternativa era dimenticarlo in un cassetto.

Che le C.E. abbiano abdicato alla loro vocazione di creare cultura per rifugiarsi nel mero mandato economico, è un fenomeno su cui tutti gli osservatori sono d'accordo. Va bene, non sono aziende pro bono, non ci prendiamo in giro, devono guadagnare; ma la loro missione dovrebbe essere costruirsi un pubblico, educandolo, e non soddisfarlo senza criterio. Forse, semplicemente, non credevano nel mio romanzo: benissimo, il loro giudizio sarebbe stato senz'altro più intelligente del mio. Ma il comportamento di quelle poche C.E. con cui ho avuto direttamente a che fare è stato pessimo. Il contratto di cui parlo mi fu offerto dal direttore della C.E.: com'è possibile che una sua editor mi facesse una simile richiesta solo valutando la mole di pagine, senza neanche sfogliarle? Così si lavora nel mondo dell'editoria?
Scusate lo sfogo, ma d'altra parte capirete la frustrazione.


A voi è mai capitato qualcosa di simile, miei lovvosi lettori? Vi fidate o no delle Case Editrici tradizionali? Qualunque sia la vostra risposta, se siete incuriositi da tutta questa viscida vicenda potete acquistare La Sfida del Cavaliere Verde (a pochissimo, sempre) su:

  1. Amazon (cliccate qui);
  2. Kobo.com (cliccate qui);
  3. IBS (cliccate qui);
  4. StreetLib (cliccate qui).
e poi dirmi se la loro impressione era giusta o sbagliata, se fanno bene o meno a implementare quest'assurda politica, se è giusto o no trattare in questo modo le persone.

Commenti

Post popolari in questo blog

Quel che resta del giorno

Avete presente C'era una volta in America?

Lupo Solitario ed io (#2: Traversata Infernale)