Sandbox

"Ti stai divertendo, vero, Ettorino?" chiese la Signorina Pesci.
Ettore non rispose. Stava giocando nel recinto della sabbia. Scavava con una paletta di plastica, esile ma resistente, e ammonticchiava la sabbia che spalava in un angolo del recinto. Altri bambini, quel pomeriggio, erano venuti a giocare con lui, ma Ettore trovava sempre il modo di scacciarli. Per lo più tirava loro la sabbia negli occhi, e quelli correvano veloci dalle loro madri o dalle loro tate - più raramente dai padri -, piangendo. Quando quelli, adirati, andavano a lamentarsi dalla Signorina Pesci, lei si stringeva nelle spalle e non sapeva che fare.
"Se riuscite voi a cambiarlo, accomodatevi pure..." diceva, sconsolata.
La Signorina Pesci era una brava donna, ma a dir la verità non era una brava tata. Lasciava che Ettore l'avesse sempre vinta lui. Era troppo buona, e pur dall'alto dei suoi quarantasei anni (quarantasette a luglio) di vita vissuta, con la loro buona quantità di tragedia, oh ve lo assicuro, la tragedia c'era stata eccome, non aveva mai il cuore di sgridarlo come si deve. Ad esempio, due ore prima aveva detto ad Ettore che era ora di andare. Ma il bambino continuava a far finta di non sentirla. Il sole era quasi tramontato, e i suoi genitori certo dovevano essere in pensiero. Ma nonostante tutto alla Signorina Pesci non riusciva di prenderlo sotto le ascelle e trascinarlo via, cosa che, alla lunga, sarebbe stata utile ad Ettore. La Signorina Pesce non sopportava che piangesse.
Il sole era sparito. Nel parco erano rimasti solo loro due. Le nuvole di giugno si coloravano di viola e porpora, gli ultimi barbagli del sole amplificati dalla cappa di smog che aleggiava sopra la città. Ettore andava avanti a scavare, imperterrito. Accanto a lui c'era una vera e propria montagnola di sabbia. Osservandola avreste detto che voleva raggiungere la Cina.
"È ora, Ettorino, andiamo" disse la Signorina Pesci con voce supplichevole.
"Non ancora, brutta strega" rispose Ettore. 
C'era quasi, se solo quel mostro avesse smesso di distrarlo. Ancora qualche colpo della sua paletta e...
Ah! Eccola lì, infatti. 
Ettore aprì il sacchetto di plastica che aveva trovato sotto la sabbia ed estrasse la Beretta 92 F che aveva nascosto lì una settimana prima.
Dietro di lui sentì il suono dei vestiti e, sotto, quello più nauseante della pelle che veniva stracciata. Qualcosa che una volta era stato la Signorina Pesci ululò.
Era il momento. Nessun ripensamento. Imponendosi di mantenere la calma, Ettore armò la sua pistola. C'era una sola pallottola nel caricatore: una scintillante e magnifica pallottola d'argento che aveva fabbricato lui stesso, fondendo col Piccolo Chimico alcune forchette del servizio buono che aveva rubato dalla credenza.
I suoi genitori non gli avevano creduto. Non poteva fidarsi di loro. Del resto, gli adulti sono tutti lupi, a modo loro. Ma quella sera c'era la luna piena, ed Ettore non aveva più paura.
"Finisce adesso, strega".


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