L'ultima verità del Joker

Joker di Todd Phillips ha spaccato il pubblico, ma con moderazione. La maggior parte delle persone grida al capolavoro, una compatta minoranza parla di "film bello ma sopravvalutato". Il che è forse la posizione più giusta. 
Ciò che mi colpisce è che alcune persone affermino che il Joker che appare nel film non sia il "vero" Joker. Lo stesso era successo precedentemente con altre versioni del Re Pagliaccio del Crimine: è meglio quello di Heath Ledger, è meglio quello di Jack Nicholson, no addirittura è meglio quello di Cesar Romero.
(Nessuno afferma che sia meglio quello di Jared Leto. Su questo tutto l'internet d'accordo.)


La verità è questa, che nessuno di questi Joker è il Joker del fumetto, o, meglio, che lo sono tutti. Nei suoi ...anta anni di onorato servizio, di Joker, come di Batman, ne abbiamo visti a migliaia. E benché ci suoni strano che possano esserci tanti Batman, così - all'apparenza - scuro e granitico, sembra  quasi naturale per il Joker. 
La caratteristica principale del Joker è la sua mercurialità. Già Grant Morrison ne parlava, in quel bel fumettone che è Arkham Asylum: Joker risponde agli stimoli esterni cambiando continuamente se stesso, da maniaco omicida a ladro a tema a semplice seccatura*. Così abbiamo Heath Ledger, che ne incarna l'imprevedibilità, lo spirito anarchico; abbiamo Jack Nicholson, il gangster pagliaccio; e infine abbiamo Joaquin Phoenix, attore straordinario, il comico, il malato mentale. 
Certo, Arthur Fleck è malato, e come tale non è, per dirla umbertoechianamente, un Franti, un personaggio la cui risata dissacrante mostra i limiti della società - per quanto il film si ingegni a renderlo tale. A molti questa cosa della malattia mentale come origine segreta non è piaciuta. Il Joker, dicono, dev'essere spinto da un trauma on screen. Eppure, Dio mio, chi è più malato del Joker? 
Un'altra cosa: Arthur Fleck ha il merito di aver riportato il Joker alla sua natura clownesca, da cui negli ultimi anni si era allontanato in favore di una deriva pop/horror. Come afferma Neil Gaiman in Che fine ha fatto il Cavaliere Oscuro, non è vero che Joker uccida in maniera casuale. Joker uccide solo quando fa ridere (una mente sconvolta come la sua, certo, ma deve farlo ridere). Joker è un uomo di spettacolo, un personaggio cartoonesco, come ci mostra Phillips nella scena immediatamente precedente i titoli di coda: un Bugs Bunny con pistola e coltello.


Proporrò una teoria, per concludere il mio intervento. Molti, cogliendo l'ambiguità finale nel racconto di Fleck, sostengono che tutto il film sia una storia inventata dal Joker. Bene: a me non piace il finale del tipo "niente di quello che avete visto è successo" (come discutevo a proposito di C'era una volta in America), ma lo prenderò per buono.
Alan Moore, in quel capolavoro vero che è The Killing Joke, ci mostra in flashback l'origine del Joker, la "giornata nera" che divide una persona sana da un pazzo assassino, e poi fa dire al Pagliaccio che a volte quella giornata se la ricorda in un modo, a volte in un altro. Ecco: per dar conto delle sfaccettature del Nostro, mi piace pensare che tutte le sue apparizioni cinematografiche siano ricordi alternativi e spesso contrastanti che conserva nella sua mente devastata. Così ricorda diversamente le sue origini (Batman di Tim Burton e Joker di Todd Phillips), il suo primo incontro con Batman (sempre Batman di Tim Burton e Il Cavaliere Oscuro di Cristopher Nolan), e infine ricorda in maniera sdolcinata e adolescenziale la sua relazione con Harley Quinn (Suicide Squad di David Ayer). 
Ora che siete stati edotti dalla luce della Mia Verità (oh, che fortunelli!), non voglio più sentir dire che questo o quel Joker è più vicino a IL JOKER, perché sarebbe una sciocchezza. Invece apprezziamo la capacità di tutti questi registi e di tutti questi attori di fotografare una o due facce dell'immortale, archetipico trickster di Gotham, nemico mortale del Pipistrello. 



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*Morrison affermava anche che Joker potrebbe non essere malato, ma essere in realtà un superuomo perfettamente adattato alla vita caotica del XX (XXI) secolo. Ignorando le più basilari nozioni di diagnostica, aggiungo io.

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