King Arthur - Il potere della spada è un film bello


King Arthur - Il potere della spada (Legend of the sword in originale) è un film del 2017 che, quando uscì, sembrò si potesse salvare solo per la colonna sonora. Non era qualcosa da vedere al cinema, ma me l'ero lo stesso segnato in un angolo della mente, vista la mia notissima passione per tutto ciò che è Materia di Bretagna. Poi, qualche giorno fa mi ha preso la voglia di vedere un film ignorante: qualcosa che mi avrebbe permesso un godimento completamente passivo, giusto per rilassarmi e farmi sentire... coccolato. Ed ecco, a distanza di due anni, dagli anfratti del mio cervello salta fuori questo titolo.
A me piacciono i film ignoranti, purché girati con cognizione di causa. Film come Van Helsing con Hugh Jackman (comprai la VHS molti anni fa e l'ho consumata a forza di guardarlo), come Grosso guaio a Chinatown, e come, mi assicurano, Hansel e Gretel Cacciatori di Streghe, che infatti spero di recuperare presto. Il potere della spada prometteva fin dal trailer un'ignoranza quasi pura. Non riesco a capire come abbia fatto a ricevere solo il 30% di gradimento su Rotten Tomatoes, modernissimo oracolo dei cinefili. Non ha mai finto d'essere altro da quello che è, ed è stato egregiamente ciò per cui l'hanno venduto. Avrebbe meritato di più. Ha riscosso un certo successo una volta uscito in home video, stessa sorte dei suoi predecessori. 
In questo articolo vorrei spezzare una lancia in favore di questo film, e approfittarne per fare un discorso più generale sul cinema come mezzo. Se mi permettete, a me che al massimo posso essere definito un appassionato.



PER UN'IDEA COMPLESSIVA
Il potere della spada è un film con problemi di consequenzialità tra le scene, e infatti spesso non si capisce bene cosa sia successo. Ha un finale piuttosto problematico, e nelle sue due ore di girato non riesce a scegliersi un genere. Sì, c'è il fantasy del mito arturiano, la magia e le armature; ma c'è anche qualcosa della narrativa della rivolta che va di moda tra gli young adults; qualcosa del poliziesco, quando Artù e la sua banda vengono interrogati da Jack L'Occhio; del giallo introspettivo, con i ricordi di Artù che si ricompongono man mano nel corso della storia (e devo dire che quella è una linea narrativa ben orchestrata, perché io davvero ero curioso di sapere quali fossero questi benedetti ricordi, mentre di solito ho fretta di arrivare a segmenti più dinamici); e persino qualcosa di dickensiano, con Artù che cresce nei sobborghi malfamati di Londra e si arrabatta come può per sopravvivere e, anzi, prosperare. L'azione è ben coreagrafata, la regia è di Guy Ritchie, che cerca di sottoporre il mito arturiano al procedimento pop a cui aveva sottoposto Sherlock Holmes; le battute sono deboli, la concatenazione di cause ed effetti risponde solo al genio della spettacolarità, il cast è stellare (tra tutti spiccano Eric Bana nei panni di Uther Pendragon e Jude Law nei panni di Vortigern... Pendragon?!). Insomma, non c'è proprio niente che non sia messo al posto giusto. Son due ore di divertimento puro, anzi purissimo.



LA STORIA
Naturalmente, chiunque osi tacciare Il potere della spada di inaccuratezza rispetto al mito arturiano merita un tre in pagella e una sospensione. Neppure lontanamente questo film voleva essere fedele al mito, o anche solo al periodo storico. Qualche costume, qualche nome che risuona e via. Non è neppure come nell'Excalibur di Boorman, uno dei miei film preferiti, dove l'anacronismo è giustificato da motivi estetici; qui sarebbe tradire l'idea di un film com'è in effetti Il potere della spada, a volersi preparare con veri storici prima di girarlo. Anzi, più anacronistico è più è spensierato. Più contribuisce al godimento, a quel "Ma sì, cosa c'importa? Adesso bisogna solo divertirsi".
Vi fornisco comunque un breve riassunto.
Il film inizia con un'inquadratura di Barad-dùr e dell'Occhio di Sauron. Poi Camelot viene attaccata dagli Olifanti. Giuro che non è un'esagerazione a fini comici. La sequenza si è svolta proprio in questo modo, tanto che ho pensato stessero usando materiale scartato da Jackson.
Veniamo a sapere che Mordred, che nel ciclo arturiano va per la maggiore come il figlio incestuoso di Artù e Morgana (o Morgause), è in realtà un signore oscuro che vuole assoggettare tutta l'Inghilterra per... motivi. I soliti, suppongo. Uther però, usando la spada magica che Merlino gli ha donato, riesce a decapitarlo. Grandi feste finché Vortigern, che in questa linea temporale è il fratello minore di Uther (invece di essere l'assassino di suo padre e l'usurpatore del suo trono... be', è anche questo, in realtà), lo tradisce e mette a ferro e fuoco Camelot. Scopriremo più tardi che ha stretto un patto con le forze del male, qui rappresentate da Ursula de La Sirenetta (ve lo giuro, potessi sprofondare), per avere il potere supremo ed evocare anche lui gli Olifanti. Ci spostiamo quindi a Londra, di cui abbiamo una bella vista del Colosseo e del Ponte Vecchio. Artù viene adottato da un gruppo di prostitute e cresce in un bordello, istruito al combattimento shaolin da Kung Fu George, che altri non è se non l'One Hundred Eye di quel bel telefilm Netflix che si chiamava Marco Polo. Ragazzi, ditemi voi se questo non è oro. Il resto è solo Artù che cerca di farsi gli affari propri, estrae la spada anche se non la vuole, viene iniziato alle arti magiche o qualcosa del genere, e con un trappolone riesce a sconfiggere lo zio, e ci lascia a domandarci il perché di tutto questo, visto che la maga sua alleata avrebbe potuto da sola conquistarsi il regno*. Una mia teoria personale, e che forse sarebbe stata confermata in uno dei film della saga (erano in programma sei pellicole), è che la maga sia in realtà proprio Merlino.
A parte la colonna sonora, il divertimento crasso e il mistero riguardo i ricordi repressi di Artù, questo film ha due grossi meriti. Uno è il Vortigern di Jude Law, che è spinto da interessi un po' oscuri, ma di cui riusciamo a comprendere il dolore quando fa quello che fa per ottenere il potere. Questo nonostante le scene siano risolte con una certa rapidità: e l'arte infatti è tutta dell'interprete. Il secondo merito è che, nonostante il film sia scemo, e il protagonista non sia l'Artù che conosciamo bensì una comparsa di Fast and Furious, ti affezioni lo stesso ai personaggi, ti preoccupi per loro, fai il tifo per loro, vuoi sapere che fine faranno. Non è cosa da poco, soprattutto perché non tutti i film che si vorrebbero seri riescono in questo intento.



INSOMMA
Il cinema è un medium, caragrazia, non un genere in sé. Dentro i suoi confini c'è spazio per tutti i tipi di film, soprattutto se girati con la consapevolezza dei propri obiettivi e pubblicizzati con onestà. Il potere della spada ha superato entrambi questi esami. Non lo si può giudicare con gli stessi criteri con cui si giudicano film volutamente più impegnativi. Possibile che in tanti fatichino a capirlo? Concedersi due ore di sciocchezze divertenti è quasi un diritto. 


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*Non è un buco di trama, questo. Conquistare un regno non è poi così difficile. Il difficile è mantenerlo, e per farlo serve che il popolo ti riconosca. Insomma devi avere qualche diritto alla successione regale. Per questo, nel film, a uno sguardo smaliziato Artù apparirebbe più come un prestanome che come un vero eroe.

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