"Pentiti, Adrian!" disse l'Alto Commissario

Arrivo anch'io a parlarvi di quell'involontario capolavoro che è Adrian. Lo faccio però, al contrario di molti amici blogger, avendo visto anche il secondo episodio, e avendo quindi un'idea più complessiva, ma altrettanto sconsolata, del progetto tanto voluto da Celentano in questi ultimi quattordici anni.
Adrian: La serie evento che se lo dice da sola, prima ancora di essere trasmessa, è stata in effetti una serie evento. Per me almeno e per i miei amici che l'attendevamo trepidanti. Nel senso che si preannunciava come qualcosa di epicamente brutto e non è venuta meno alle nostre aspettative. Grazie Celentano. Grazie di tutto. E soprattutto mi spiace per come ne sei uscito.

LA PUBBLICITÀ
Già avevamo capito la caratura della serie dai trailer trasmessi in tv, su qualunque canale Mediaset, e da quella pubblicità ad altissimo volume mandata su Canale 5. Tutte le pubblicità sono a volume più alto rispetto ai programmi, ma questa prende la regola e la deforma, diventa subito parodia, e sarà così per ogni cosa associata ad Adrian, perciò faremmo bene a prepararci. 
Ricorderemo negli anni certi dialoghi agghiaccianti, tra i quali spiccano
"Come facciamo a trovare qualcuno che manda in tilt il Sistema?", 
con questa visione dozzinale dell'eroe eponimo della serie, forza della natura contro cui il Sistema non può far nulla; e anche
"Come hai detto che ti chiami?"
"... Non l'ho detto".
"E dove abiti?"
"In Via Gluck".
perfetto scambio di battute, che passa dal pretenzioso al trash con un niente; per finire con quello spezzone surreale di Adrian che scende le scale, lunghissimo, senza tagli; poi gira di novanta gradi e va a bussare a una porta, e intrattiene col tizio che la apre un dialogo senza capo né coda il cui punto fermo è che tutti possiedono dei lettori dvd, e a quanto pare sono pronti a condividerli con chiunque voglia vedersi qualcosa.
Cos'altro aggiungere? La meraviglia, signori miei, è di casa a Canale 5. Per quanto mi riguarda l'attesa di Adrian è già alle stelle.



L'OUVERTURE
Lunedì 21 gennaio, Canale 5, 21:30, inizia la serie evento. Solo che non inizia per davvero. Chi si sintonizza scopre che quello che sulle guide tv è segnato come il primo episodio di Adrian: La serie evento è in realtà 45 minuti di spettacolo teatrale trasmesso da Verona, Aspettando Adrian. Che in realtà lo si sapeva, ma a me ha sorpreso, perché questa scelta non ha una vera e propria spiegazione artistica, ma solo d'opportunità (ritardare l'inizio del cartone perché contiene scene di nudo, attirare il pubblico con la promessa della partecipazione di Celentano e di altre star della televisione...).
Si inizia con un intervento falsamente provocatorio di Natalino Balasso, che fa tanto il controcorrente su Youtube ma poi, non gliene facciamo una colpa, il lavoro è lavoro e Mediaset paga; a cui fa seguito una lunga e straziante piece dell'assurdo con Nino Frassica e Francesco Scali, entrambi star di Don Matteo, che impersonano - posso solo immaginare - il generale dell'Ordine dei Gesuiti e il suo assistente. Devono valutare una lunga fila di persone che dovrebbero salire sulla nuova Arca di Noè e salvarsi da un ipotizzabile secondo diluvio. Il criterio di scelta per chi si può salvare è la bellezza, perché la nuova società dovrà fondarsi sulla bellezza. Le persone sfilano davanti a Frassica e a Scali: sono tutti personaggi curiosi, malamente scritti, come se fossero stati scelti a caso oppure inventati in un paio di minuti prima dello spettacolo. Frassica - che, tra parentesi, è un comico che normalmente mi piace assai - fa il possibile ma le risate del pubblico, spaesatissimo, sono poche e imbarazzate. In compenso abbondano gli applausi a scena aperta, orchestrati dagli animatori dello staff che cercano giustamente di coinvolgere e trasmettere un'immagine di successo per chi sta a casa. A un certo punto - unico riferimento diretto al cartone di Adrian, a parte un'insegna con su scritto "La bellezza salverà il mondo" - appare un gruppo di animatori che ha lavorato allo show. Si presentano e vengono brutalmente cacciati dai gesuiti: il potere costituito non accetta l'arte di Adrian.
C'è poi quest'uomo che corrompe Frassica e Scali per poter salire sull'arca. Lo fa con una valigetta piena di banconote. E fa solo questo: una singola azione, poi scompare. Il tema della corruzione non si ripresenterà più, è stato affrontato in maniera cartoonesca e si è subito chiuso. Celentano non sembra aver molto da dire in proposito. Chiaro è che questa volesse essere una critica sferzante, ma è stata una specie di carezza, qualcosa che non fa nulla, un vincere facile alzando il dito contro una pratica universalmente condannata e poi lasciarla subito perdere.
Fine del teatro dell'assurdo. Rientra Balasso, con uno stock di battute riciclate da internet, e infine eccolo, annunciato da un temporale, entra Celentano. Dopo una lunga ovazione del pubblico, uomini e donne sessualmente impazziti alla sua sola vista (unico momento genuino dello show, un po' agghiacciante visto l'oggetto delle loro fantasie, ma comunque consolante sapere che lo scopà vince su tutto), il Molleggiato scambia due parole due con Balasso, si versa un bicchiere d'acqua (nuova lunghissima ovazione) e subito esce. Risate un po' imbarazzate dal pubblico, che pensa sia uno scherzo: che dopo quaranta minuti di coglioni frantumati per vederlo, lui si decida a mostrarsi davvero. Ma non è uno scherzo. Qualche secondo di attesa, che sembra lungo quanto un secolo, e parte la sigla. Inizia il cartone.
Questi qui, poveracci, hanno pagato per andare a teatro.
Nella seconda puntata si ripete più o meno la stessa scena, ma il cast di comici che si sono venduti uniti ad Aspettando Adrian si arricchisce di Giovanni Storti. Celentano - che a quanto pare è stato anche il regista di questo desolante spettacolo - appare di nuovo alla fine, e sta rigorosamente in silenzio, ridendo sotto i baffi, mentre Balasso e Giovanni, un po' improvvisando un po' seguendo un copione, cercano contro tutte le previsioni di tenere in piedi lo show. Celentano, dandosi delle belle pacche sulla schiena per essere così provocatorio, alla fine esce senza aver detto nulla. Vuole forse ribellarsi al regime di Mediaset, a cui ha dovuto fare buon viso solo perché era l'unico che gli avrebbe permesso di trasmettere il cartone? Sarà, a me sembra solo un egomaniaco.



I PRIMI DUE EPISODI
Il cartone è esattamente come i trailer ci avevano fatto credere, esattamente come lo spettacolo teatrale che lo ha preceduto: senza capo né coda. Solo che, al contrario dello spettacolo teatrale, nel cartone c'è eccome Celentano.
Si inizia con le scimmie di 2001: Odissea nello spazio. Si passa all'Antico Egitto, ai Gladiatori, agli Indiani d'America. La voce narrante che collega queste scene (ricordiamo che dialoghi, trama, persino regia sono di Celentano) lascia intendere, con una retorica da ragazzino delle scuole medie che cerca di scrivere una dissertazione sociologica, che tutta la storia dell'uomo, improntata alla sopraffazione del debole, abbia in un certo qual modo cospirato alla nascita di un liberatore, che è nient'altri che Celentano stesso. Cioè, è Adrian, un personaggio col volto di Celentano e il fisico perfetto, con la voce di Celentano e che canta le canzoni di Celentano. Qui già si capisce cos'è Adrian: una fantasia di Celentano, una statua equestre fatta di minuti e parole che il Molleggiato ha innalzato a gloria imperitura di se stesso, per mostrarsi al mondo come lui si vede, come tutti dovrebbero vederlo.
La voce narrante ci spiega che un tempo esisteva un "poeta illuminato" che ha cercato di metterci in guardia sui pericoli del nostro modo di vivere, ma che noi non l'abbiamo ascoltato. Naturalmente Celentano parla di se stesso. Di chi altri?
Passiamo a Milano. L'anno è il simbolico 2068. Una scritta sullo schermo ci avvisa che quello a cui stiamo per assistere è ciò che potrebbe accadere... E già a noi cadono i maroni, perché questo monito, nella sua ingenuità, nella sua naïveté, è un chiaro indizio di quanto poco Celentano conosca il genere che ha deciso di affrontare, cioè quello distopico: e infatti casca in tutti i suoi cliché e, scusate il paradosso, sembra addirittura crearne di nuovi. Persino l'inaspettato, in Adrian, rientra in uno schema così aspettato che l'effetto è sconsolante.
La trama ve la riassumo in qualche riga. Non pochissime perché in questa serie succede di tutto e di più. Ma se avete già visto i primi due episodi passate pure al punto successivo (I Misteri Eleusini di Adrian); altrimenti, preparatevi a una bella cavalcata. 

(1) 
Adrian fa l'orologiaio, ma è pure una specie di santone locale, in Via Gluck, in questo borghetto milanese idilliaco che neanche adesso che è il 2019 esiste, figurati nel 2068; ma è la Milano dei ricordi deformati d'infanzia di Celentano, e ci teneva a farcela vedere. Il bello di una volta contrapposto alla bruttura d'adesso, alla globalizzazione ecc. ecc. La sua compagna, che ha il volto di Claudia Mori da giovane (la Mori è la moglie di Celentano: e qui un po' mi spiace, perché Adrian, la Mori, la Via Gluck, mi fanno pensare che poteva essere un cartone un po' nostalgico di Celentano, pensato per un pubblico di appassionati, e non ci sarebbe stato nulla di male in questo; invece è diventato questo pachiderma teratologico che infesta le serate di Canale 5), passa le giornate a fare l'amore e a battibeccare con Adrian. L'immagine della donna in Adrian, vuoi per l'apporto di Manara vuoi per le fantasie di Celentano, è estremamente sessualizzata: la Mori sta in baby doll o poco più in qualunque situazione. Torneremo di nuovo su questo argomento di iconicità femminile tra poco.
Il punto di svolta arriva quando Adrian e gentile compagna vanno ad assistere al concerto di Capodanno, fortemente voluto dal regime neofascista d'Italia come arma di distrazione di massa. Il cantante amico del regime, tale Silver boh, sul palco si mette a cantare un successo dei Negramaro. E qui sorge spontanea la domanda: ma i Negramaro lo sapevano che la loro musica sarebbe stata presentata come l'emblema della musica orecchiabile ma vuota, che vuole tenere addormentato il popolo, contrapposta a quella rivoluzionaria (ohimè!) di Celentano? E se sì, ci avevano pensato bene prima di accettare?
Silver Boh ha questa abitudine da autentico rompiscatole di invitare uno del pubblico sul palco a cantare qualcosa, durante i suoi concerti, in modo che lui sia libero di andare sul retro a bombarsi qualche groupie. La scelta è fatidica e ricade su Adrian. Qui interviene di nuovo la voce narrante, che celebra il coraggio di Adrian che non abbassa lo sguardo davanti a quell'invito. Anzi, sale sul palco e inizia a cantare una vecchia canzone di Celentano, I want to know, dal testo abbastanza dozzinale (I want to know | Vorrei sapere | come fa la gente | a concepire di poter vivere | nelle case d'oggi | inscatolati come le acciughe). La gente del pubblico si guarda, confusa: cos'è quella sublime poesia? Pian piano capisce che la musica universale di Adrian/Celentano parla proprio di loro. Frame di volti di persone che, dopo una vita di quiescenza, si risvegliano e capiscono di vivere in una dittatura culturale. E non ci stanno più.
Scoppia un temporale. Adrian tenta di fuggire, a dire il vero con tutta calma per non perdere il suo aplomb, ma gli agenti del regime (che non hanno capito le conseguenze del suo intervento e non hanno ancora un'accusa formale contro di lui), il basso panzone biondo di buon cuore e quello che è praticamente l'Agente Smith, lo fermano e lo interrogano (Come hai detto che ti chiami? ...Non l'ho detto. Dove abiti? In Via Gluck). Un fulmine acceca gli agenti. Quando riaprono gli occhi, Adrian è scomparso. Rabbia estrema dell'Alto Commissario, anche perché sembra che la musica di Adrian abbia mandato in cortocircuito tutti gli strumenti di registrazione visiva presenti al concerto, e, nonostante centinaia di testimoni, per qualche motivo nessuno riesce a procurarsi un identikit del sospetto anarchico.
Fantastica la chiusa della prima puntata, quando un ragazzino si reca al negozio di Adrian e gli chiede consiglio per conquistare una ragazza con cui, probabilmente, non ha neanche mai parlato, perché ne è innamorato(!). Adrian, che in Via Gluck è considerato il guru dell'amore, gli passa un testo di una sua poesia (cioè di una canzone di Celentano). Vediamo il giovinotto tendere un agguato alla ragazza fuori dal lavoro, seguirla nonostante lei dimostri fin da subito di non gradire la cosa e leggerle la poesia. Lei è riottosa: in fondo non lo conosce, e c'è una scena di stupro a espisodio. Ma quando lui arriva alla parte della poesia che dice che, se lo sceglie, saprà difenderla, lei si scioglie e parte la lingua dura. Così, da zero a trecento in mezzo secondo. La donna italica, del resto si sa, cerca qualcuno che possa proteggerla e nient'altro, ché da sola è troppo debole. Celentano è uomo di mondo, conosce i tasti giusti da suonare per ottenere la reazione giusta. 
Ultimo spezzone e poi la puntata chiude con quarantacinque minuti di anticipo rispetto alla sua programmazione ufficiale (non ci verrà mai spiegato il perché: a oggi è un mistero). Siamo a Napoli, dove svetta il grattacielo della Mafia International. Una bella trovata, tra l'altro, che ha fruttato alla serie una querela. La mafia è guidata dal malvagissimo incrocio tra Elvis e Alessandro Gassman, che forse sarà il big bad di fine stagione. Stacco. Scopata conclusiva tra Adrian e compagna, video musicale ambientato nel Sahara e fermo immagine di un disegno misterioso di una casetta, fatto direttamente da Celentano nel 2011 o giù di lì, adversus Pisapia.

(2)
Nel secondo episodio assistiamo al regime e a una società svizzera di orologiai che cercano di rintracciare Adrian, mentre il nostro leader-poeta così affascinante e carismatico vagabonda per la città metropolitana di Milano e si bea della propria leggenda. La parte più bella di questa seconda puntata è che viene introdotta una sottotrama supereroistica. Non lo dico come battuta: è così che si svolgono le cose. Si scopre infatti che due vecchiette arteriosclerotiche apparse già nel primo episodio sono in realtà delle anziane maestre di arti marziali che, ancora ragazzo, hanno addestrato Adrian, e che Adrian è una delle persone più forti del mondo. Indossata una maschera nera da volpe (una citazione da Zorro), un po' Batman e un po' V della trasposizione wachowskiana di V for Vendetta, l'orologiaio va in giro a far giustizia e a salvare gli innocenti dai bulli del momento, con scene di combattimento coreografato che onestamente sono degne del best anime picchiaduro, compresi i momenti estemporanei di tango del nostro poliedrico protagonista. 
Tra l'altro appartiene a questa sottotrama una delle battute più infelici della serie. La Volpe, dopo aver salvato due ragazze da un tentativo di stupro, le ammonisce bonariamente dicendo che, se non avessero bevuto così tanto, non si sarebbero trovate in quella situazione. Come se gli stupratori scegliessero solo vittime ubriache! Adrian è davvero un vecchio gesuita, e gli vien naturale pensare che, quando qualcosa di brutto accade, sia perché qualcuno abbia commesso un peccato. Complimenti, Celentano, per questa uscita così meschina, così populista, così pusillanime. Cento passi indietro. Canale 5 è senz'altro una scelta azzeccata, per la tua serie.



I MISTERI ELEUSINI DI ADRIAN
Una delle cose più belle di Adrian è che è scritta tanto male che non si capisce bene cosa diavolo stia succedendo. Il che permette di riempire molti vuoti con le teorie più meravigliose. Ad esempio: Adrian è dotato di superpoteri? Come fa a scomparire durante il temporale, e come fa a combattere così bene, e come fa a mandare in tilt i sistemi di videoregistrazione, e soprattutto come fa a far l'amore dieci volte al giorno senza mai alzare bandiera bianca? La spiegazione più ovvia è che Adrian sia l'avatar dell'ego ipertrofico di Celentano, che cerca di manifestare la propria forza prorompente e groundbreaking attraverso una sequenza arbitraria di eventi soprannaturali. Altri invece hanno suggerito che tutti questi siano indizi di una natura occulta del personaggio. C'è addirittura chi ha sostenuto che Adrian sia una specie di divinità del tempo, e che grazie a questo riesca a mantenere la Via Gluck e i suoi abitanti nel loro stato fissato nell'ambra, che riesca a confondere la mente delle persone che non ricordano nulla di lui (gli agenti hanno dimenticato il nome della via in cui abita; le persone che lo hanno visto al concerto non lo riconoscono, anche se questa sembra piuttosto una frecciatina di Celentano sui rischi della mitizzazione, e chi è più mito di lui?) ecc. ecc. C'è anche una battuta, e forse è davvero solo una battuta o forse è un indizio, sul fatto che Adrian conosca le due paleozoiche maestre di arti marziali fin da quando erano bambine. Dico la mia: seguendo la stessa linea di pensieri, io me lo immaginerei piuttosto come uno spiritus loci che come un Dio trascendente, insomma una specie di Hinzelmann di American Gods, il coboldo che uccide bambini per alimentare i propri poteri e tenere al sicuro la città in cui vive. Che colpo di scena sarebbe? Glielo suggerisco per la seconda stagione.
Il collegamento tra Adrian e il tempo è espresso bene dal suo essere un orologiaio. L'orologiaio ha anche la non secondaria virtù di essere un lavoro che nella nostra fantasia è associato ad ambienti un po' vintaggi, da piccolo borgo antico. Insomma quelli che tanto piacciono a Celentano. Io però vi propongo - e questa è una mia interpretazione, prendetela con le pinze - una seconda chiave di lettura, giustificata dalla megalomania che il Molleggiato ha dimostrato durante tutta la serie. Il mestiere dell'orologiaio è anche il mestiere di Dio nella famosa analogia di William Paley. Troppo? Mica tanto: è infatti all'interno del cartone che si fa il parallelo più forte tra Adrian e Dio. Nella ditta svizzera di orologi, quando si pensa di scatenare la caccia all'uomo che ha cantato al concerto di fine anno, i dirigenti dicono di non credere davvero nell'esistenza di Adrian. Lui è come Dio, sostengono: e cioè solo un mito. All'improvviso qualcuno si chiede, e se lo trovassimo davvero? Allora - preparatevi alla risposta dei megadirettori galattici - sarà come se Dio fosse sceso in Terra.
Non sto dicendo che Adrian sia Dio. Sto dicendo in effetti che, nella mente di Celentano, Adrian è meglio di Dio: se il secondo è un mito usato per tenere asserviti i popoli, l'intenzione di Celentano è che Adrian: La serie evento, e il personaggio di Adrian, facciano parte di quella tradizione messianica di liberazione dei popoli dalle loro catene.

In realtà la spiegazione è molto semplice. In gioventù Celentano è stato davvero un orologiaio. Sic et simpliciter, con buona pace di tutte le esegesi di questo mondo!



L'IRONIA DEL POTERE
Uno dei risvolti più spassosi della serie è la sua involontaria ironia. Celentano ha sempre tenuto a presentarsi come il campione del popolo, come il liberatore, e in questa serie più che mai. Ma guardiamo i fatti. Innanzitutto essa è stata trasmessa dal Biscione in persona, e su una rete ammiraglia, Canale 5. Le animazioni sono state affidate a una ditta nordcoreana (tra l'altro famigerata per la scarsa qualità del suo lavoro*), e una fetta dei 22 milioni di euro che è costata è servita a rimpinguare uno degli Stati più notoriamente dittatoriali del mondo. La stessa ingombrante presenza di Celentano, che si sente in ogni istante, è andata a soffocare quei piccoli momenti di qualità della serie. Una produzione a cui si potevano associare nomi meno famosi, ma sicuramente più capaci, è evaporata di fronte al semplice potere di essere Celentano, e quindi di assicurarsi ogni cosa se la si desidera, anche al di là delle proprie effettive competenze di sceneggiatore, di regista, di doppiatore.
Celentano è proprio quel tipo di nemico che ogni "Sistema" desidera: qualunquista, poco preparato, ricchissimo, dall'ego strabordante. Che desolazione.



ECCO QUALCOSA DI PERFETTAMENTE BRUTTO
Anni fa ero in macchina con un mio compagno di liceo. Si andava al cinema e si chiacchierava del più e del meno. Io avevo appena finito di scrivere qualcosa - forse un racconto - che non mi soddisfaceva affatto, e gli confidai che mi sembrava di aver scritto qualcosa di perfettamente brutto. Lui mi guardò. Disse che, forse, anche le cose perfettamente brutte andrebbero premiate, perché sono pur sempre perfette.
È così che mi sento quando penso ad Adrian. Oltre al malessere di aver potuto guardare nel cuore di Celentano, un altro essere umano, e aver visto tutta la sua pochezza. Non so se vedrò le altre puntate, in onda da stasera su Canale 5; ma so che Adrian, per me, è stata davvero una Serie evento. Qualcosa che è già diventato leggenda in quanto perfettamente brutto.
"Che cos'è Adrian?" chiede Nino Frassica mentre confessa la voce in differita di Celentano, all'inizio del secondo episodio.
"La mia anima" risponde lui.
Sono rimasto senza parole.


In conclusione, non ho mai visto in vita mia niente come questi due episodi. Da estimatore del trash, sono davvero commosso. Un pensiero corre ai ragazzi della Scuola Holden di Baricco, che hanno supervisionato il lavoro di Celentano, e ci hanno così offerto uno splendido esempio della poetica e della grammatica del loro mentore - che, a dire il vero, apprezzo tanto in quanto divulgatore quanto odio in quanto scrittore. Un altro pensiero corre a Milo Manara, a Nicola Piovani e a tutti quegli altri grandi artisti che ci hanno creduto in questa serie, e mi spiace per loro.
Vi prego: riproviamoci a fare una serie italiana di cartoni animati che affronti grandi temi. Non lasciamo che l'esperienza di Adrian ci mortifichi e ci fermi. Possiamo farcela. Basta rivolgerci a chi queste cose le sa fare, magari pescando anche nelle schiere di chi per quattordici anni ha lavorato ad Adrian, ma ripulendolo dagli effetti devastanti della visione di Celentano. Per aspera ad astra, Veri Credenti.



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*Lo Studio SEK è da molte fonti indipendenti indicato come uno degli studi d'animazione di Adrian, che sia direttamente o indirettamente attraverso l'intermediazione della China Beijing New Century Wit Technologies. Tuttavia, per onestà intellettuale, mi preme segnalare che il SEK non è accreditato nei titoli di coda della serie, e che inoltre non ho trovato una fonte ufficiale che possa confermarne il coinvolgimento.

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