Vivere (d)i libri (dicembre 2015 - febbraio 2016). Primo tempo
Nuovo appuntamento con le brevi recensioni brevissime di Psicologia e Scrittura. Cosa ci ha portato questo Natale sotto l'albero?
Scusate se aggiorno
il blog con scarsa frequenza. Il mondo è terribile e l'EdS di avvicina. Per
parte mia c'è il tirocinio, lo studio, il romanzo, il teatro e anche qualche
lavoretto a cui star dietro. Ma cercherò di farmi perdonare come posso...
Intanto settimana prossima escono I
Meglio Articoli e si farà il punto della situazione.
Ora, finalmente, le nostre recensioni.
NOTA: Data la lunghezza ridicola di questo post, ho deciso di spezzarlo in più parti. Ma non vi preoccupate: presto arriva anche la seconda!

Il libro, a
fianco di casi clinici di obiettivo interesse, è purtroppo infarcito di
riflessioni filosofiche che, per dirla tutta, lasciano il tempo che
trovano, e di una buona dose di facile retorica. Consigliato? Sì, forse
più a chi non è addetto ai lavori, o a chi conserva una visione poeticissima della
neuropsichiatria.
Un libro che
appassiona pur raccontando la storia di una Casa Editrice, un posto di
lavoro, per se, non più eccitante
dell'ufficio del vostro commercialista. Marvel Comics racconta del colosso del fumetto americano Marvel, di Stan Lee,
dell'immenso Jack "The King" Kirby,
di Steve Ditko, di Jim Steranko, di Chris Claremont e di tutti quegli altri artisti che hanno fatto grande il mondo dei
supereroi, e che qui non sto a elencarvi perché altrimenti si fa mattina. Il
Dottor Manhattan ha già scritto una recensione
di questo libro, e non mi vergogno a segnalarvela.
Qui mi limito a raccontarvi, a mo' di esempio delle informazioni che potrete
scovare all'interno del volume, il "Metodo Marvel" di Stan Lee, lo scrittore di prosa fallito.

Il libro,
per quanto bello, non è senza imprecisioni, contraddizioni e mancanze (per
dire, non si fa cenno all'Ultima Caccia di Kraven,
e si cita solo di sfuggita la Trilogia dell'Infinito di Jim Starlin, entrambe pietre miliari
della Casa delle Idee). In particolare, la velocità con cui sono liquidati gli
ultimi anni, senza neanche prendersi due istanti per dire che The Avengers è stato scritto/diretto da un ex scrittore
degli X-Men, Joss Whedon; e la presenza di certe opinioni poco
condivisibili, come il fatto che lo scrittore Michael Bendis non prenda posizioni politiche all'interno dei
suoi fumetti (chi ha letto Secret War e
Secret Invasion sa che sono entrambe
storie di un reazionario sconcertante, alla Donald Trump), mi hanno fatto storcere un poco il naso.
Rimane però un volume consigliato a tutti gli appassionati Marvel.
La Cononino Press, una delle punte di diamante
dell'editoria a fumetti italiana, propone (o ripropone - non so se esiste
una traduzione precedente) il Ghost World di Daniel Clowes,
fumettista e sceneggiatore già candidato all'Oscar.
Il fumetto
racconta la storia di due diciottenni, in quel momento indefinito tra la fine del
liceo e l'inizio della vita adulta; qualcosa a metà tra Harvey Pekar e un bildungsroman.
Il libro è interessante,
da leggere almeno una volta nella vita, e se non volete spendere fatevelo
prestare da un amico; ma è penalizzato da una traduzione non sempre adeguata.
Già nelle prime pagine, per darvi un'idea, leggiamo questo strano dialogo tra
le protagoniste:
"Joey
McCob è il nostro Dio" dice la prima.
"Lo
voglio fare" le risponde l'altra.
E bon. Ho
impiegato qualche vignetta a capire quello che la seconda ragazza, Rebecca,
intendeva dire davvero: e cioè "Me lo voglio fare"... che, se non lo sapete, ha tutto un altro significato.
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