Guido da Montefeltro e l'impasse comunicativo

Da poco la pagina Facebook di Psicologia e Scrittura (iscrivetevi se ancora non lo avete fatto) ha superato i 1300 like. Che è un traguardo. Per festeggiare ho pensato di scrivere qualcosa di appropriato. Milletrecento, vediamo... la data in cui Dante compì il suo viaggio ultraterreno. Allora parliamo di Dante. Non di Dante in generale, bensì di un passo della Commedia che merita di essere trattato dal punto di vista psicologico (vien da dire tutti: ma ricordo che c'è una differenza tra psicologia in narrazione e psicologia come disciplina). Parliamo di Guido da Montefeltro!

[Fonte: Franco Cosimo Panini Editore]

Quel povero Guido da Montefeltro che, dopo una vita di peccati come statista e stratega, vistosi "giunto in quella parte di sua etade ove ciascun dovrebbe calar le vele e raccoglier le sarte", si fa francescano, e poi si lascia ingannare da Bonifacio VIII, radice e anche fusto di tutti i mali dell'epoca, e si danna l'anima come politico fraudolento... epperciò finisce nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio dell'Inferno dov'è il posto suo. Non viene anche a voi da pregare, verso la fine del XXVII dell'Inferno, che San Francesco, giunto a raccogliere l'anima del suo sventurato servitore, riesca a strapparla dalle grinfie di "un d'i neri cherubini" che invece la vuol per sé, per darle fuoco in Malebolge?

Ripassiamo quel che è successo, storicamente e isotopicamente. Guido da Montefeltro, un tempo abile stratega e ora pio francescano - perlomeno a leggere Dante -, viene convocato da Bonifacio VIII, che proprio in quel periodo sta conducendo a Roma una guerra contro la potente famiglia dei Colonna, per ripicca che non gli aveva riconosciuta valida l'elezione*, e che si era asserragliata nel palazzo fortificato di Palestrina. Guido all'inizio è riottoso: non vuole peccare, aiutando il Papa a vincere con l'inganno contro dei buoni cristiani; ma dai e dai il Papa lo convince, offrendogli in anticipo l'assoluzione per il consiglio. Val la pena riportare le terzine del suo discorso:
[Bonifacio] poi ridisse: "Tuo cuor non sospetti;
finor t'assolvo, e tu m'insegna fare
sì come Penestrino in terra getti.
Lo ciel poss'io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che'l mio antecessor non ebbe care".
Allor mi pinser li argomenti gravi
là 've 'l tacer mi fu avviso 'l peggio.
Silvia Longhi, in un bel saggio che si intitola Reticenza, retorica astuta e retorica perversa tra le Malebolge e il Cocito**, definisce questa situazione, in cui si ritrova sfortuna sua Guido, di "doppio legame", senza però approfondirla come forse avrebbe meritato. Dice la Longhi che il doppio legame è
[...] un'illusione alternativa, perché qualunque scelta faccia il frate al bivio (ubbidire o disubbidire all'autorità del papa) sarà male.
Giusto, anzi giustissimo. Ma noi per ora chiediamoci schematicamente cosa sia il doppio legame.

La teoria del doppio legame ha una storia sua propria. Il costrutto fu formulato da Gregory Bateson, uno di quegli eroi del Gruppo di Palo Alto che hanno rivoluzionato le nostre idee su cosa sia e su come funzioni la comunicazione. Una situazione di doppio legame si ha quando, tra due interlocutori legati da una relazione (affettiva, ma oggi, alla Dante, direi anche istituzionale) importante, capita un'incongruenza tra messaggio veicolato dal verbale e messaggio veicolato dal non-verbale. L'esempio di Bateson - storico - è un bambino che cerca di abbracciare sua madre; la madre, avendolo visto, si irrigidisce tutta; il bambino si ritrae; al che la mamma lo riprende: "Non devi aver paura a esprimere i tuoi sentimenti".
Bateson suppone che la presenza di doppi legami sia quantitativamente rilevante nelle situazioni schizofrenogene; e, sebbene il ruolo di questa comunicazione disorganizzata sia stato ridimensionato nel corso degli anni, la sua validità è ancora forte.

Gregory Bateson

Non in una condizione psicologica di doppio legame si trova quindi Guido da Montefeltro, e perché con Bonifacio VIII, naturalmente, non ha un rapporto affettivo né molto né punto importante, e perché la comunicazione verbale e quella non-verbale di Bonifacio son tutt'uno. L'incongruenza sta tra la comunicazione del Papa e la rappresentanza del Papa, cioè la Chiesa, che non permette di essere perdonati per un peccato senza aver prima pentimento,
né pentere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente.
Naturalmente la Longhi ha solo trasposto questo concetto nelle pagine della Commedia. Non ha voluto tenere una lezione di comunicazione. Il suo contributo in proposito rimane illuminante e non lo si sta criticando. Va anzi considerato che l'esito, per Guido da Montefeltro, è un totale crollo in uno stato mentale disorganizzato (certo rappresentato con immagini esteriori da Dante): non solo prima viene portato all'Inferno da un diavolo loico (logico), ma una volta all'Inferno le incongruenze non fanno che perseguitarlo, le situazioni si sfasciano, e Guido non è più in grado di ricomporle per ottenere un'analisi corretta della realtà. Dante che se ne va a spasso per Malebolge, ad esempio, crede Guido, dev'essere un dannato; altrimenti mai gli rivelerebbe la propria storia. Sembra quindi davvero che il doppio legame, quale che sia la sua forma, abbia come conseguenza uno stato schizofrenico: per Bateson riguarda la mente, e per Dante l'anima dei dannati!



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*Il 10 maggio 1297 i cardinali Iacopo e Pietro Colonna sottoscrissero, insieme a un gruppo di spirituali tra cui Iacopone da Todi, il manifesto di Lunghezza, il cui argomento era per l'appunto la negazione dell'elezione papale.
**Il saggio è disponibile in Letteratura e filologia tra Svizzera e Italia: Studi in onore di Gugliemo Corni - I. La Commedia e altro.

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