Esistono gli individui e poi esistono le donne

Settimana scorsa, la Festa della Donna (Giornata internazionale della donna). La ricorrenza è bella e utile, perché è l'occasione, scandita dal calendario, di fare il punto dei traguardi raggiunti nel campo dell'uguaglianza, di riflettere su ciò che è stato fatto e soprattutto su ciò che ci resta da fare. Ecco perché mi sembra strano sentir dire, magari da persone insospettabili, "Oggi non festeggio perché la Festa della Donna dev'essere tutti i giorni". Si, anche il Giorno della Memoria dovrebbe essere tutti i giorni, ma averne almeno uno preciso aiuta a focalizzare l'attenzione. Dà l'occasione per discuterne.
Ma non è questo il punto dell'articolo. Quello che mi preme scrivere oggi (siate d'accordo oppure no: questo è un blog personale) è che per la Festa della Donna gira sempre una caterva di frasi fatte che trovo non solo insopportabile, ma anche controproducente per la causa dell'uguaglianza tra sessi. Non so se le avete presenti. Qualche esempio veloce trovato su internet:





Sono frasi condivise con lo scopo senz'altro sincero di celebrare "l'essenza femminile". Ma, ecco, la cosa che mi ghiaccia è che i riferimenti (sono certo che vi verranno in mente altri esempi) sono sempre a un generico "donne". Non si pensa sia una cosa brutta, dato che son tutte caratteristiche positive, o viste positivamente, quelle che circolano. Come se le donne fossero una categoria omogenea. Il che, tra le altre cose, è la visione di un ingroup nei confronti di un outgroup: come dire, gli inglesi sono introversi, o i neri hanno la musica nel sangue*. La verità è che sono tutti stereotipi, per quanto positivi (o, almeno, non propriamente negativi), che però rendono più difficile l'idea che non esistano "le donne", "gli inglesi" o "i neri": esistono le singole persone, che tra le loro caratteristiche hanno anche il fatto di essere donne, inglesi o di colore. Di nuovo, dire "le donne sono la parte migliore dell'umanità" è sottintendere che l'umanità sia divisa in due gruppi, e che da una parte ci siano gli uomini e dall'altra le donne. Significa che c'è una competizione - dato che basta l'idea di un ingroup per scatenare in noi la competizione nei confronti dell'outgroup. Questa è psicologia sociale di base. Alla lunga, è rafforzare la disuguaglianza tra sessi (dicasi sessismo, in particolare maschilismo).
La cosa che mi fa venire i brividi è che è pieno di donne che, molto orgogliosamente, condividono queste frasi. Vuol dire che hanno acquisito la mentalità del gruppo maschile - che è la mentalità padrona, storicamente, tanto forte da essere diventata l'unica mentalità non marcata, cioè che non ci sembra strana quando la sentiamo, che non ci sembra rivoluzionaria: l'idea che le donne, alla fine, siano tutte uguali**. 
Pensiamoci la prossima volta che diciamo "Le donne sono forti perché devono partorire" o "Le donne sono più accoglienti degli uomini". Perché la strada verso l'uguaglianza dei sessi, che è una vera e propria rivoluzione sociale, nel senso che tende ad azzerare le strategie sociali che garantiscono l'omeostasi nel rapporto tra i sessi, è lunga, e non passa di certo attraverso le generalizzazioni più o meno benevolenti.


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* Al contrario, l'ingroup è ricco di sfumature: noi italiani siamo tutti diversi, no? Non siamo gli stereotipi che ci dipingono nei film, giusto? Per la precisione, ingroup significa "il gruppo a cui apparteniamo"; tutti gli altri gruppi sono "outgroup", cioè gruppi esterni.
** Quando non sono addirittura oggetti buoni, se va male, per far figli; e se va bene per essere cantate dai poeti. In fondo che importano le differenze, ad esempio, tra due comodini? Saranno pur tutti uguali.

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