Mamma RAI e la parità

Ieri, domenica 30 ottobre 2016, la puntata di Uno mattina in famiglia si apriva con un servizio sulla preoccupante demascolinizzazione degli uomini italiani. Lo spunto per il servizio lo offriva un articolo dell'Huffington Post. Nell'articolo appare un intervento molto intelligente della sessuologa e psicoterapeuta Maria Claudia Biscione e, a seguito, un elenco di sei "mosse" per "gestire gli uomini che si comportano da donne" di Veronica Mazza, che invece non definirei affatto intelligente. Tra i consigli per le donne che non si accontentano di uomini demascolinizzati ci sono "non trasformatevi in un uomo: attente a sovrapporvi a quello che dovrebbe fare lui" e "ponete un limite al suo lato femminile". A me suona un po' come "l'uomo deve fare l'uomo e la donna deve fare la donna, la parità va bene fuori dal letto e i ruoli in una relazione devono rimanere stabili e ben chiari".
Mi sbaglierò.


Uno mattina in famiglia, dicevo, ha parlato della demascolinizzazione dell'uomo nella società contemporanea. Il conduttore Tiberio Timperi stuzzica l'ospite di turno, Massimo Ciavarro, lì in rappresentanza della virilità italiana e a rimpianto dei tempi andati, dicendogli "ora sei tu la donna". L'ospite alza gli occhi al cielo e non risponde, ma accusa il colpo. Una battuta stupida, però: non dovrebbe essere una presa in giro essere chiamato donna perché non è vergognoso essere una donna. Avrebbe potuto dirgli "ora sei tu il frocio" e sarebbe stata la stessa cosa.
Lasciamo stare. Si passa al collegamento con Maurizio Bossi, andrologo e sessuologo, che, pur contento che gli uomini stiano acquisendo alcune caratteristiche femminili (come, dice lui, la preoccupazione per l'igiene intima. Sic!), denuncia anche il pericolo che essi possano abdicare alle caratteristiche più tipicamente maschili. Ne cita due su tutte: la maggior pacatezza e la maggior razionalità.
Perché le donne, si sa, sono poco razionali. Lo dicono gli studi, non ce n'è. Complimenti per avercelo ricordato, Dr. Bossi. E complimenti anche a Timperi per (non) averlo corretto. Le donne sono meno razionali degli uomini: per questo non dovrebbero mai avere ruoli di responsabilità in azienda o nel governo.

Fonte: questa.

Voglio essere chiaro. Questo blog sostiene la posizione che, a parte le più evidenti diversità fisiologiche, le differenze tra uomo e donna siano di origine sociale. Sostiene anche la posizione che queste differenze debbano appartenere al passato; non perché solo così potremmo avere accesso a un radioso futuro - io non sono un profeta, non lo so -, ma solo perché è giusto che sia così. Non mi sposterò di un centimetro da questa posizione.
Sulla pagina Facebook del blog capita spesso che io condivida articoli o interventi riguardo il femminismo. Sul blog vero e proprio, però, non mi è mai capitato di pubblicare articoli in merito. Questo fino a settimana scorsa, quando ho pubblicato un articolo sulla validità linguistica della parola "femminicidio". L'articolo ha aperto la categoria Femminismo. Ora sarà mio piacere riempirla.


Un'ultima nota. Non voglio accusare la RAI di essere una rete reazionaria. Questo non è vero. La RAI è una realtà complessa e, come tale, sottoposta a molte spinte diverse. Di pochi giorni fa è la notizia, ad esempio, che durante un episodio di Un medico in famiglia (quindi una delle serie più longeve e di successo della RAI) gli spettatori hanno potuto assistere a un bacio omosessuale tra un protagonista e un personaggio secondario. Non seguo Un medico in famiglia, ma credo di aver capito che non si tratta di personaggi caricaturali. Come si può vedere qui, l'evento ha avuto molta risonanza.
Metto a confronto il servizio di Uno mattina in famiglia e la puntata di Un medico in famiglia e mi viene da pensare. La TV generalista, in Italia, ha molta strada da fare, per raggiungere una posizione più illuminata sul rapporto uomo/donna e sulla parificazione sessuale. Ma la sta percorrendo. Lentamente, con anni di ritardo rispetto al resto del mondo e con continue marce indietro... ma la sta percorrendo. Penso ci sia addirittura una speranza che, superata una certa resistenza iniziale, acceleri.
Incrociamo le dita.

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