Perché Don Chisciotte impazzisce?

Qualche articolo fa, forse vi ricorderete, ho discusso della pazzia di Amleto, del perché sia impazzito, e nel suo caso se si possa parlare di pazzia o meno. L'articolo faceva parte di un progetto di analisi di Shakespeare inaugurato in occasione del quattrocentesimo anniversario dalla sua morte. A tal proposito, quattrocento anni fa moriva anche Miguel de Cervantes.
La morte di Cervantes è avvenuta, se non, come vuole la tradizione, lo stesso giorno, comunque a pochi giorni di distanza da quella di Shakespeare. Potrei prendere la palla al balzo e allo stesso modo discutere i motivi della pazzia di Don Chisciotte; ma sarebbe tempo perso, un esercizio un po' sterile, sia per me scriverne che per voi leggerne. Perché? Cerco di spiegarmi.
Partiamo da ciò che dice Cervantes. Quando descrive l'origine della pazzia di Alonso Chisciano, non spreca molte energie: ci dice semplicemente che
[...] per il poco dormire e per il molto leggere gli si prosciugò il cervello, in modo che venne a perdere il giudizio.
Fine, o poco meno. 
Fin dalla pubblicazione della prima parte del romanzo, generazioni di critici una dopo l'altra hanno cercato di dar conto di questa pazzia; di capirla, di spiegarla, di motivarla per se stessi e per noi lettori. La verità è che l'hidalgo Alonso impazzisce perché impazzisce. Impazzisce perché altrimenti Cervantes non avrebbe potuto scrivere il Don Chisciotte. Al romanzo, più che all'autore, non interessa il perché sia impazzito, interessa solo l'effetto della sua pazzia, e così a noi. Tanto varrebbe, ad esempio, chiedersi il motivo per cui è nato Amleto: ci basta sapere che è nato.

I critici che cercano di fornire una spiegazione alla pazzia di Chisciano

Ho letto di un critico che cercava di spiegare la pazzia di Don Chisciotte attraverso un amore fantomatico e incestuoso per sua nipote (!). Miguel de Unamuno invece sembra concordare con noi quando rifiuta una motivazione alla pazzia di Don Chisciotte.
L'ha perduta [la ragione] per amor nostro, per il nostro bene, nel tentativo di lasciarci un eterno esempio di generosità spirituale.
Una motivazione che non è interna bensì esterna, che non è psicologica bensì letteraria. Lo stesso fa anche Harold Bloom quando scrive:
[Alonso Chisciano] impazzisce per espiare la nostra banalità, la nostra ingenerosa mancanza di immaginazione. 
Alonso Chisciano, che è un personaggio fortemente tragico, per noi esiste solo in relazione a Don Chisciotte, che è invece un personaggio comico; nel senso che entrambi devono morire (e sono entrambi morti) per far vivere l'altro. Non così Amleto, che è un personaggio in divenire, e la cui pazzia reale o fantastica è uno dei fulcri del dramma, e che quindi vale la pena di indagare. Non dovremmo interessarci dei casi della vita di Alonso Chisciano se non quando Cervantes ce ne parla esplicitamente... Credo sia importante capire la differenza tra questi due approcci. Se io mi chiedessi perché Chisciano è impazzito perderei tempo. Non c'è mai stato, in altre parole, un Chisciano savio nel mondo (al massimo un Chisciano rinsavito, ma questo è un altro discorso)!


CHIARIMENTO: Mi è stato rimproverato di non aver considerato che Chisciano impazzisce perché legge troppi libri cavallereschi. Non lo avevo dimenticato (!), e peccato perché sarebbe stata una bella risposta all'articolo, secca, e alle rimuginazioni da sollevatore di polemiche che ci ho messo dentro. Ma la lettura acquista un senso solo come funzione della forma della pazzia. La lettura di libri cavallereschi non è un elemento creato a priori nell'economia del Chisciotte, bensì a posteriori: non ha un senso se non in rapporto alla pazzia che dovrebbe causare - che causa, narrativamente. Ancora una volta la cosa migliore da dire è che Chisciano impazzisce perché impazzisce. D'altra parte - ma qui rischiamo di de-focalizzarci -, possiamo anche ricordare che Cervantes non è Kafka: Chisciano non si sveglia una mattina e senza fornirci spiegazioni si è trasformato in Don Chisciotte.

Commenti

  1. Ciao Jumping, ho visto ora il tuo blog. Che dici... i social impongono riflessioni? Sì, Twitter, Facebook, You tube sono i miti attuali, ma anche il prodotto di oggetti-concetti. E leggerezza e virtualità stanno un po' troppo bene insieme. Dacci dentro.
    "La pluma es la lengua del alma: cuales fueren los conceptos que en ella se engendraren, tales seràn sus escritos".
    Cervantes non spreca mai energie.
    Buona vita!

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    Risposte
    1. Grazie, amico Anonimo! Le nostre strade si sono già incrociate? Ho qualche sospetto su chi tu possa essere, ma con gli anonimati non si può mai sapere XD
      Benvenuto sul blog :)

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    2. Ciao! Incrocia le dita e non sospettare troppo. Di blogger sospettosi ne ho già un discreto quantitativo. Non è semplice bloggare come matti.

      Nina

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