Vivere (d)i libri (dicembre 2015 - febbraio 2016). Primo tempo


Nuovo appuntamento con le brevi recensioni brevissime di Psicologia e Scrittura. Cosa ci ha portato questo Natale sotto l'albero? 
Scusate se aggiorno il blog con scarsa frequenza. Il mondo è terribile e l'EdS di avvicina. Per parte mia c'è il tirocinio, lo studio, il romanzo, il teatro e anche qualche lavoretto a cui star dietro. Ma cercherò di farmi perdonare come posso... Intanto settimana prossima escono I Meglio Articoli e si farà il punto della situazione.
Ora, finalmente, le nostre recensioni.
NOTA: Data la lunghezza ridicola di questo post, ho deciso di spezzarlo in più parti. Ma non vi preoccupate: presto arriva anche la seconda!

Oliver Sacks, dopo il trionfo dei suoi primi libri (tra cui il più famoso Risvegli), imbastisce questa antologia di casi clinici. Fa un po' sorridere osservare l'approccio, datato (si parla di un libro del 1985), di Sacks ai suoi pazienti. Il primo caso, ad esempio, quello dell'Uomo che dà il titolo al libro, riguarda un importante prosopagnosico; non solo Sacks ricorda il nome del deficit solo all'inizio del capitolo successivo, ma come cura lo raccomanda a un generale "amore per la musica" (se la prosopagnosia è dovuta a deficit neurologici, di cure vere e proprie non ne esistono. Tuttavia questa soluzione, molto romantica, a leggerla fa un po' ridere).
Il libro, a fianco di casi clinici di obiettivo interesse, è purtroppo infarcito di riflessioni filosofiche che, per dirla tutta, lasciano il tempo che trovano, e di una buona dose di facile retorica. Consigliato? Sì, forse più a chi non è addetto ai lavori, o a chi conserva una visione poeticissima della neuropsichiatria.


Un libro che appassiona pur raccontando la storia di una Casa Editrice, un posto di lavoro, per se, non più eccitante dell'ufficio del vostro commercialista. Marvel Comics racconta del colosso del fumetto americano Marvel, di Stan Lee, dell'immenso Jack "The King" Kirby, di Steve Ditko, di Jim Steranko, di Chris Claremont e di tutti quegli altri artisti che hanno fatto grande il mondo dei supereroi, e che qui non sto a elencarvi perché altrimenti si fa mattina. Il Dottor Manhattan ha già scritto una recensione di questo libro, e non mi vergogno a segnalarvela. Qui mi limito a raccontarvi, a mo' di esempio delle informazioni che potrete scovare all'interno del volume, il "Metodo Marvel" di Stan Lee, lo scrittore di prosa fallito.

Stan, quando doveva sceneggiare un fumetto, scriveva una pagina appena di soggetto, passava il materiale a Kirby o a Ditko, che sviluppavano i disegni e creavano una buona parte della trama e dei personaggi all'interno della storia, e poi aggiungeva di suo dialoghi e didascalie. Tutto qui. Sebbene questo fosse l'unico metodo per Stan di star dietro a tutte le pubblicazioni della Marvel e contemporaneamente girare l'America (con intenti promozionali), e sebbene assicurasse al pubblico un prodotto spesso superiore a quello che un singolo scrittore poteva garantire (avvalendosi di una duplicità di caratteri, di tematiche e di stili perfettamente miscelata), fa comunque specie ricordare che il Sorridente, per anni, si è firmato come unico sceneggiatore delle proprie serie, rivendicando la paternità di personaggi da nulla come gli Inumani e Silver Surfer, e litigando costantemente con Kirby e Ditko, che bontà loro volevano anche vedersi riconosciuto qualcosina.
Il libro, per quanto bello, non è senza imprecisioni, contraddizioni e mancanze (per dire, non si fa cenno all'Ultima Caccia di Kraven, e si cita solo di sfuggita la Trilogia dell'Infinito di Jim Starlin, entrambe pietre miliari della Casa delle Idee). In particolare, la velocità con cui sono liquidati gli ultimi anni, senza neanche prendersi due istanti per dire che The Avengers è stato scritto/diretto da un ex scrittore degli X-Men, Joss Whedon; e la presenza di certe opinioni poco condivisibili, come il fatto che lo scrittore Michael Bendis non prenda posizioni politiche all'interno dei suoi fumetti (chi ha letto Secret War e Secret Invasion sa che sono entrambe storie di un reazionario sconcertante, alla Donald Trump), mi hanno fatto storcere un poco il naso. Rimane però un volume consigliato a tutti gli appassionati Marvel.

La Cononino Press, una delle punte di diamante dell'editoria a fumetti italiana, propone (o ripropone - non so se esiste una traduzione precedente) il Ghost World di Daniel Clowes, fumettista e sceneggiatore già candidato all'Oscar.
Il fumetto racconta la storia di due diciottenni, in quel momento indefinito tra la fine del liceo e l'inizio della vita adulta; qualcosa a metà tra Harvey Pekar e un bildungsroman.
Il libro è interessante, da leggere almeno una volta nella vita, e se non volete spendere fatevelo prestare da un amico; ma è penalizzato da una traduzione non sempre adeguata. Già nelle prime pagine, per darvi un'idea, leggiamo questo strano dialogo tra le protagoniste:
"Joey McCob è il nostro Dio" dice la prima.
"Lo voglio fare" le risponde l'altra.
E bon. Ho impiegato qualche vignetta a capire quello che la seconda ragazza, Rebecca, intendeva dire davvero: e cioè "Me lo voglio fare"... che, se non lo sapete, ha tutto un altro significato.

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